Valdo di Nolfo ci invia questo documento:
DAL MAESTRO UNICO AL PENSIERO UNICO
Ogni ministro che arriva alla guida della scuola italiana propone la propria ricetta personale per risollevare le condizioni di un'istituzione pubblica sempre più in caduta libera. Puntualmente tale ricetta si concretizza poi in tagli alle spese, ai servizi e, di conseguenza, ai posti di lavoro. Ogni volta, però, queste misure non tardano a mostrare tutta la loro inefficacia e la loro dannosità.
Oggi, però, siamo di fronte ad un attacco ancora più sfrontato e pericoloso per il futuro della scuola pubblica italiana: la riforma avanzata dal ministro Gelmini (al guinzaglio di Tremonti) colpisce le basi della scuola tanto dal punto di vista economico-strutturale, quanto da quello ideologico.
L'istruzione italiana, in ogni suo ordine e grado, ha preso ormai da tempo residenza fissa nelle ultime posizioni delle classifiche internazionali; le scuole elementari costituivano ad oggi il solo punto che equiparava l'Italia agli standard occidentali: con il Decreto legge 137 cade anche quest'ultimo elemento di merito, e tutto ciò nonostante i continui proclami secondo cui la formazione, la ricerca e gli investimenti nel "sapere" sono il presupposto dello sviluppo del paese; nella stessa direzione procede la Legge 133 la quale, per sferrare il colpo di grazia all'Università pubblica italiana, prevede un ulteriore taglio dei fondi, il blocco del turn over al 20% per cinque anni (ovvero un neoassunto ogni cinque pensionamenti, provocando così la chiusura di corsi ed impedendo il rinnovamento della classe docente) ed, infine, si paventa anche la trasformazione degli atenei in fondazioni private, il che significa più tasse per gli studenti, meno democrazia all'interno dell'Università (se avrà ancora un senso chiamarla in questo modo) e una ricerca scientifica ingabbiata dai bisogni e dalle esigenze delle aziende che la finanzieranno.
Per quanto riguarda la scuola primaria, la terapia proposta dal nuovo ministro prevede tagli per circa 110.000 posti di lavoro (tra cui 70.000 insegnanti), la formazione di classi che possono arrivare anche a 35 alunni, la cancellazione delle scuole con meno di 500 studenti (è facile immaginare quali conseguenze possa avere un tale provvedimento in Sardegna: la stragrande maggioranza dei piccoli paesi, caratteristici della nostra Terra, saranno necessariamente costretti a chiudere le scuole, accelerando in questo modo lo spopolamento, l'impoverimento e la distruzione del tessuto economico e sociale, colpendo, in una logica evidentemente colonialista, territori e popolazioni già disagiate), l'abolizione del giudizio per il ripristino dei voti, l'obbligo di far indossare la divisa-grembiulino, ed infine la restaurazione, ripescata direttamente dall'800, del maestro unico. Questi provvedimenti da "libro cuore" non hanno alcun fondamento pedagogico, contrastano e contraddicono i progressi fatti dall'insegnamento e dagli stili di apprendimento negli ultimi trent'anni. L'istituzione del maestro unico, ad esempio, oltre che causare il licenziamento di numerosi insegnanti, azzera completamente il confronto tra opinioni, metodi e sensibilità differenti durante le ore di lezione: la guida unica, forte, onnisapiente e onnipresente, altro non è che la realizzazione all'interno della scuola (meglio abituarsi fin da piccoli, in modo da non farsi cattive idee) di ciò che si sta costruendo per la società tutta: l'uomo forte al potere, incontrastato e incontrastabile nelle sue decisioni, intollerante rispetto alle differenze e alle divergenze di opinione, alla guida di una massa ormai uniformata al pensiero unico. Il confronto democratico, critico (anche rispetto al potere e ai potenti), plurale, va contrastato con tutti i mezzi. E pazienza se tali mezzi vanno a colpire la psicologia dei bambini: in fondo permettono pur sempre di risparmiare!!!
In un tale scenario di impoverimento e indebolimento della scuola pubblica, solo le scuole private possono trarvi un qualche guadagno. Esse, infatti, in cambio di rette per pochi, saranno il luogo dove insegnanti sempre più precari dovranno educare la futura classe dirigente in base a programmi assolutamente fuori da ogni controllo democratico e collegiale e che risponderanno esclusivamente ad esigenze di mercato e di produttività.
L'opposizione a questo Decreto legge e la difesa della scuola pubblica non è una questione che riguarda solamente i lavoratori del mondo della scuola, come se si trattasse di una "semplice" trattativa tra le parti. Interessata è l'intera società, poiché è l'intera società ad essere coinvolta: ne va del futuro di tutti noi e di quello delle generazioni a venire.
Di fronte ad un allarme rosso di tale portata è necessario autorganizzarsi per una mobilitazione decisa e radicale nel contrastare una riforma rivolta completamente al passato. Come sta avvenendo in altre città, anche qui è necessario promuovere iniziative e forme di lotta per far sentire la nostra voce e il nostro dissenso.
CANTIERE SOCIALE DE L'ALGUER
(per contatti: cantieresociale@gmail.com
http://cantieresociale.spaces.live.com/)
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